63- Castello di
Elcito
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Arrocato su uno sperone roccioso a 821 metri s.l.m., anticamente Elcito era un castello sorto
a picco sulla Valle di S.Clemente a difesa del monastero di Valfucina e della valle stessa alle pendici del monte
S.Vicino. Non si hanno notizie certe sulla sua
fondazione ma, sembra sicuro il rapporto di
dipendenza dal monastero già da molto tempo
prima delle notizie documentarie che partono dal
1232. Gli elcitani erano sottomessi a Valfucina;
la loro era una dipendenza nei beni e nelle
persone: il monastero, infatti, domandava
prestazioni e deteneva il potere giuridico; lo
stesso abate abitava nel castello. Data
l'insostenibile situazione, nel 1298 gli abitanti
richiedono la concessione della libertà dal
dominio del monastero. Il castello per la sua
posizione strategica viene lentamente assumendo
una notevole importanza nella politica
espansionistica attuata dall'abbazia, i domini
della quale si spingevano nei territori di
Cingoli, Matelica, Osimo e Recanati. Ebbe quindi
inizio una disputa per i diritti sul paese tra il
comune di S.Severino e il monastero di Valfucina
che, sfocerà in un lungo processo (1278-79)
dagli atti del quale si viene a conoscenza del
crollo della torre del castello. Dopo la sentenza
di appello del 1281, Elcito torna proprietà
dell'abbazia, come dimostra la già citata
richiesta di libertà fatta dagli abitanti. Nel
1298 in coincidenza della perdita di importanza
di Valfucina, il castello viene venduto a
S.Severino, tuttavia, già dopo pochi anni e nei
secoli seguenti diverse e prolungate liti
intercorsero tra il monastero e gli abitanti del
piccolo centro. In epoca moderna, Elcito ebbe
ancora un'importanza per la sua posizione
strategica nella guerra partigiana; fino alla
recente costruzione della strada, infatti,
l'unica via d'accesso al paese era il sentiero,
ancor oggi visibile, che scende sotto all'antica
porta del castello. Attualmente rimangono poche
tracce della costruzione medioevale: qualche
tratto di mura e la porta d'accesso sottostante
la chiesa parrocchiale; nulla resta della torre
anche se l'aspetto è ancora quello della magica
fortezza.
Nei pressi, importanti dal punto di vista naturalistico, i
magnifici piani di Canfaito, a circa mille metri,
ampio altopiano ricco di secolari faggete e il
monte San Vicino (1476 m). L'origine del nome
Elcito è legata alla pianta del Leccio (Quercus
ilex) che in tempi non troppo lontani doveva
popolare in gran quantità le rupi calcaree della
gola sovrastata dal paese.
Il Leccio, attualmente, è la pianta
caratteristica della macchia mediterranea. Il suo
areale si espande o si contrae in funzione delle
oscillazioni climatiche. Nei periodi postglaciali
più caldi, probabilmente tra i 10000 e i 7000
anni avanti Cristo, la specie colonizzò anche
gli Appennini. Quando divenne più freddo solo
gli esemplari che vegetavano sulle rupi calcaree
esposte a sud e all'interno delle gole con
microclima adatto riuscirono a sopravvivere. Le
leccete interne marchigiane, che si differenziano
da quelle costiere, fanno parte dell'associazione Cephalanthero-Quercetum ilicis
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ABBAZIA DI SANTA
MARIA DI VALFUCINA (X o XI secolo)
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In una conca alle pendici del
San Vicino, tra gli edifici di una moderna
azienda agricola, si nota una piccola chiesa
absidata: è quanto resta della potente abbazia
benedettina di Valfucina che aveva esteso, nel
momento di massima espansione, nella prima metà
del Duecento, i suoi possedimenti su larga parte
della vallata, con proprietà feudali distribuite
anche in ambiti notevolmente distanti.
Laccesso alla valle era sorvegliato dal
castello di Elcito, arroccato su uno sperone
roccioso, che era stato costruito dai monaci a
difesa del sottostante cenobio e come residenza
dellabate.
Un cospicuo fondo di pergamene consente di
ricostruire le vicende storiche
dellabbazia, dalla fondazione, forse
anteriore allXI secolo, alla sua grande
espansione spirituale e temporale,( i suoi
possedimenti si estendevano non solo nell'area
montana circostante, ma raggiungevano i territori
di Cingoli, Jesi, Osimo, Recanati e Numana.) fino
alla sua decadenza e al suo abbandono allorquando
i suoi beni furono assegnati (1489) alla
collegiata di San Severino. Non aiutano invece a
mettere a fuoco, almeno nelle linee essenziali,
lassetto architettonico dellantico
complesso ecclesiale, crollato nel 1799 in
seguito a un terremoto.
Solo in tempi relativamente recenti è stata
liberata dallinterro la cripta della
primitiva chiesa abbaziale: è a pianta
rettangolare absidata suddivisa in tre navate,
con volticine a crociera che ricadono su
colonnine sormontate da capitelli , di rozza
ed ingenua fattura, variamente decorati con
figure animali, motivi geometrici e antropomorfi.
Vicino alla chiesa, un affioramento roccioso
mostra ancora i segni dellantica cava dove
furono estratti i materiali per la costruzione
del monastero.
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